La nuova assemblea costituente - la Convenzione - che aveva
dichiarato decaduta la monarchia, si trovò davanti al problema
politico di decidere la sorte del re. Contro la posizione dei Girondini,
disposti all'indulgenza per non alienarsi completamente la vecchia
classe dirigente, Robespierre fece valere i" diritti della
rivoluzione ".
Qui non c'è da fare un processo. Luigi non è un imputato;
voi non siete dei giudici; Voi siete e non potete essere altro che
uomini di Stato e rappresentanti della nazione. Non dovete emettere
una sentenza a favore o contro un uomo, dovete prendere una misura
di salute pubblica, dovete compiere un atto di provvidenza nazionale.
In una repubblica un re detronizzato non può servire che
a due scopi, o a turbare la tranquillità dello Stato e a
mettere in pericolo la libertà; o a rafforzare l'una e l'altra.
Ebbene io sostengo che il carattere che hanno avuto finora le vostre
deliberazioni va direttamente contro questo secondo scopo.
là effetti, qual è la decisione che una sana politica
prescrive per consolidare la repubblica nascente? Quella di imprimere
profondamente nei cuori il disprezzo per la monarchia e di impressionare
tutti i partigiani dei re. Pertanto, presentare a tutto il mondo
il suo delitto come un problema, fare della sua causa l'oggetto
della discussione più impegnativa, più sacra, più
difficile alla quale possano accingersi i rappresentanti dei popolo
francese, mettere una distanza incommensurabile fra il ricordo di
ciò che egli fu e la semplice dignità di un cittadino,
significa precisamente aver trovato il segreto per renderlo ancora
pericoloso per la libertà.
Luigi fu re, e la repubblica è stata fondata; la famosa questione
che vi impegna è decisa da queste sole parole. Luigi è
stato detronizzato per i suoi delitti; Luigi ha denunciato il popolo
francese come ribelle e ha chiamato in suo aiuto per castigarlo,
le armi dei confratelli tiranni. La vittoria del popolo ha deciso
che soltanto lui era ribelle. Luigi non può dunque essere
giudicato: è già giudicato. O egli è già
condannato, oppure la repubblica non è assoluta. Proporre
di fare il processo a Luigi XVI in questa o quella maniera, vuol
dire retrocedere verso il dispotismo monarchico e costituzionale;
è un'idea controrivoluzíonaria, poiché mette
in discussione la rivoluzione stessa. In effetti se Luigi può
essere ancora oggetto di un pro- cesso, Luigi può essere
assolto; può essere innocente. Cosa dico? E' supposto innocente
fino a che non sia stato giudicato. Ma se Luigi viene assolto, se
Luigi può essere supposto innocente, che ne è della
rivoluzione? Se Luigi è innocente, tutti i difensori della
libertà diventano dei calunniatori. Tutti i ribelli erano
dunque amici della verità e difensori dell'innocenza oppressa;
tutti i manifesti delle corti straniere sono legittime proteste
contro una fazione dominante. La stessa detenzione che Luigi ha
subito
finora è un'ingiusta vessazione. I federati, il popolo di
Parigi, tutti i patrioti della nazione francese sono i veri colpevoli.
li grande processo che è in corso al tribunale della natura
fra il delitto e la virtù, fra la libertà e la tirannia,
vien deciso una buona volta a favore dei delitto e della tirannia.
Cittadini, state in guardia; su questo punto voi venite ingannati
da false nozioni; confondete le regole del diritto civile e positivo
coi principi del diritto delle genti; confondete le relazioni dei
cittadini fra di loro coi rapporti della nazione verso un nemico
che cospira contro di lei, confondete ancora la situazione di un
popolo in fase rivoluzionaria con quella di un popolo il cui governo
sia saldamente affermato; confondete una nazione che punisce un
funzionario pubblico mantenendo la stessa forma di governo con quella
che distrugge il governo. [
]
Quando una nazione è stata costretta a ricorrere al diritto
di insurrezione, essa rientra nello stato di natura nei confronti
del tiranno. [...]
Il processo al tiranno è l'insurrezione; il suo giudizio
è la caduta della sua potenza, la sua pena è quella
richiesta dalla libertà del popolo. [...]
I popoli non giudicano come le corti giudiziarie, non emettono sentenze:
lanciano la loro folgore; non condannano i re: li piombano nel nulla.
Questa giustizia vale quanto quella dei tribunali. Se i popoli si
armano contro i loro oppressori per la propria salvezza, come possono
essere tenuti ad adottare un modo di punirli che sarebbe un nuovo
pericolo per essi?
Ci siamo lasciati indurre in errore da esempi stranieri che non
hanno nulla a che fare con noi. Che Cromwell abbia fatto giudicare
Carlo I da un tribunale di cui poteva disporre, che Elisabetta abbia
fatto condannare Maria di Scozia nella stessa maniera, è
naturale: i tiranni che sacrificano i loro simili non al popolo,
ma alla loro ambizione, cercano naturalmente di ingannare l'opinione
dei volgo mediante forme illusorie. In questo caso non sono in questione
né principi, né la libertà, ma la furberia
e gli intrighi. Ma il popolo! quale altra legge può seguire
il popolo se non quella della giustizia e della ragione sostenute
dalla sua onnipotenza? [...]
Quanto a me abborro la pena di morte istituita dalle vostre leggi
e non ho per Luigi né amore né odio. odio solo i suoi
delitti. lo ho chiesto l'abolizione della pena di morte all'assemblea
che chiamate ancora costituente e non è colpa mia se i primi
principi della ragione le sono sembrati eresie morali e politiche.
Ma se voi non vi siete mai sognati di reclamarli in favore di tanti
poveri diavoli i cui delitti sono meno imputabili a loro che al
governo, per quale fatalità ve ne ricordate soltanto quando
si tratta di patrocinare la causa del più grande dei criminali?
Chiedete un'eccezione alla pena di morte proprio per il solo caso
che può legittimarla? SI, la pena di morte in generale è
un delitto e ciò per l'unica ragione che essa non può
essere giustificata in base ai principi indistruttibili della natura,
salvo il caso in cui sia necessaria alla sicurezza degli individui
o dei corpo sociale. Ebbene, la sicurezza pubblica non lo richiede
mai contro i delitti ordinari, perché la società può
sempre prevenirli con altri mezzi e mettere il colpevole nell'impossibilità
di nuocerle. Ma quando si tratta di un re detronizzato nel cuore
di una rivoluzione tutt'altro che consolidata dalle leggi, di un
re il cui solo nome attira la piaga della guerra sulla nazione agitata,
né la prigione, né l'esilio, possono rendere la sua
esistenza indifferente alla felicità pubblica, e questa crudele
eccezione alle leggi ordinarie che la giustizia ammette può
essere imputata soltanto alla natura dei suoi delitti. lo pronuncio
con rincrescimento questa fatale verità.
lo vi propongo di decidere seduta stante la sorte di Luigi. Per
lui, io chiedo che la Convenzione lo dichiari da questo momento
traditore della nazione francese e criminale verso l'umanità;
chiedo che essa dia al mondo un grande esempio nello stesso luogo
dove sono motti il 10 agosto i generosi martiri della libertà.
lo chiedo che questo memorabile avvenimento sia consacrato da un
monumento destinato a nutrire nel cuore dei popoli il sentimento
dei loro diritti e l'orrore dei tiranni, e nell'anima dei tiranni
il terrore salutare della giustizia dei popolo.
(Da La rivoluzione giacobina, a cura di G. Cantoni, Milano,
1953)