Molti ci rivolgono questa domanda. Siamo robespierristi perché
l'Incorruttibile è senza dubbio il padre delle moderne socialdemocrazie
occidentali anche se le storiografie termidoriana e della Restaurazione
hanno voluto demonizzare un personaggio scomodo e "ingombrante".
Quando in occasione del Bicentenario della morte di Robespierre
(1994) ci trasferimmo dalla patria dell'Incorruttibile a Londra,
avemmo modo di constatare quanto gli Inglesi, a differenza degli
altri Europei, fossero più obiettivi e intellettualmente più onesti
nell'esprimere giudizi storici sui loro personaggi. A sostegno di
questa constatazione c'è anche il fatto che essi, davanti a Westminister
sede del loro parlamento, hanno innalzato una statua a Oliver Cromwell
(1599-1658), regicida (condannò a morte re Carlo I Stuart - 1649)
ed anche golpista, diremmo oggi, poiché nel 1653 sciolse il parlamento
e concentrò su di sé tutti i poteri (Lord Protettore del Commonwealth).
Poteri dittatoriali che osò addirittura trasmettere al mediocre
Richard, suo figlio. Osservare, davanti a Westminister in uno Stato
ancora monarchico e culla del parlamentarismo moderno, la statua
di un repubblicano regicida e golpista , ci portò davvero a riflettere.
In altre parole gli inglesi, molto meno ideologizzati e più pragmatici
di noi latini, sono stati capaci di riconoscere i meriti storici
del personaggio prescindendo da quella che potrebbe essere l'ideologia
dominante di un dato momento storico, nonostante Cromwell avesse
comunque soffocato più volte nel sangue molte manifestazioni popolari
finalizzate a trasferire la rivoluzione anche sul piano sociale
ed economico (fatto per noi moderni senz'altro deplorevole). Ebbene
la vista del monumento ci portò a fare delle considerazioni e ad
effettuare un paragone col nostro amato Robespierre. Questi, infatti,
al contrario di Cromwell, non fu mai un dittatore e mai gli venne
in mente di sciogliere la Convenzione. Il suo voto, all'interno
del Comitato di Salute Pubblica,
non contò mai più di un dodicesimo. Non solo. A differenza dell'Inglese,
l'Incorruttibile desiderò sempre che ad una rivoluzione politico-giuridica
se ne affiancasse anche una sociale che, pur garantendo la proprietà
privata, fosse in grado di sottrarre le masse popolari alla fame,
alla miseria e all'ignoranza. Così con Robespierre si affermarono
Diritti (come l'assistenza ai più deboli - cioè le nostre moderne
pensioni sociali -, il suffragio universale, l'istruzione gratuita
e di massa, la riforma agraria, il calmieramento dei prezzi relativi
ai generi alimentari e di prima necessità - maximum
generale - ) fino ad allora impensabili e improponibili.
Non solo. Se Cromwell pose le basi per l'ancora attuale e scottante
questione dell'Ulster (egli allontanò i rivoltosi signori cattolici
dall'Irlanda del Nord e assegnò quelle terre a nuovi proprietari
protestanti che d'allora cominciarono a dominare sul resto della
popolazione cattolica), Robespierre si batté per l'abolizione della
schiavitù nelle Colonie francesi.
Così se l'azione personale del Cromwell non ha aggiunto nulla al
progresso morale e civile dell'umanità (la sua politica fu volta
essenzialmente alla ragion di stato, infatti l'Inghilterra sotto
di lui divenne la prima potenza marittima e pose le basi per la
propria espansione coloniale e imperialistica), non altrettanto
si può dire della Costituzione giacobina
del 1793 ispirata e voluta da Maximilien Robespierre. Una Carta
dei Diritti che ancora oggi costituisce il nerbo di tutte le democrazie
occidentali.
Al di là comunque di paragoni che possono essere il frutto di
riflessioni personali, il primo a ripristinare una lettura storica,
e non faziosa, dell'Incorruttibile è stato Albert Mathiez, proprio
nel suo saggio "Perché siamo Robespierristi". Grazie a questo storico
si è scoperto che l'etichetta di "sanguinario" fu affibbiata a Robespierre
proprio dai terroristi più esasperati saliti al potere dopo il 9
Termidoro (giorno in cui l'Incorruttibile fu arrestato). Si
è capito che Robespierre rappresentò la moderazione, durante il
Terrore, come confermano le testimonianze di alcuni suoi stessi
nemici come Girault, girondino, e l'abate Le Duc, figlio naturale
di Luigi XV. Lo stesso deve dirsi sulla sua presunta dittatura:
all'interno del Comitato di Salute
Pubblica egli era in minoranza; il Comitato
di Sicurezza Generale gli era fortemente ostile tanto che questa
ostilità pesò in maniera determinante sull'esito del 9 Termidoro.
Né si può dimenticare la sua netta contrarietà, durante la Costituente
e in tempo di pace, alla pena di morte così come alla dichiarazione
di guerra che la Francia Rivoluzionaria, sotto la spinta dei girondini
e della stessa Monarchia, votò il 20 aprile 1792. Una guerra da
lui fortemente osteggiata e poi vinta a Fleurus grazie soprattutto
alle misure economiche applicabili solo con il Terrore,
il cui vero scopo era proprio quello di creare le condizioni adatte
per un dirigismo economico in grado di reperire le risorse finanziarie
finalizzate a nutrire un esercito sempre più numeroso.
Potremmo continuare a lungo con queste considerazioni, ma ciò
che deve fare più riflettere è che Robespierre, dai suoi contemporanei,
era considerato positivamente, il più delle volte osannato, e sarebbe
rimasto nella Storia un grande statista se fosse morto, sotto i
colpi di Admiral, nell'attentato del 4 Pratile, cioè prima che venissero
votati i provvedimenti che vanno sotto il nome di Grande Terrore.
Tutte queste considerazioni evidenziano come le storiografie termidoriana,
capetingia e dantonista abbiano creato una forte mistificazione
intorno alla figura di Robespierre che, oltre ad aver lasciato un
segno indelebile nella Storia delle moderne socialdemocrazie, ebbe
un'altra dote, sin d'allora merce rara: l'onestà. Se infatti Mirabeau,
Danton, Fouché ed altri arricchirono con la Rivoluzione, Robespierre
guadagnò l'appellativo di Incorruttibile, appellativo riconosciuto
finanche dai suoi stessi nemici.
Così ci sentiamo di poter sposare le parole di Mathiez che, per
dare un'idea concreta di quella che era la situazione nella Francia
del 1793, effettua un paragone con ciò che accadde nella nazione
d'Oltralpe durante la Prima Guerra Mondiale, altro evento catastrofico
come quello che i francesi si trovarono a fronteggiare durante la
Rivoluzione, con una sola sostanziale differenza che la Francia
del 1914 era una nazione unita e senza conflitti interni, quella
del 1793 era dilaniata anche da una guerra civile causata da numerose
ed estese insurrezioni come quelle in Vandea,
a Lione, Tolone , Bordeaux, Caen, Nimes, Marsiglia ed altre città
schierate con i controrivoluzionari e contro la repubblica.
"Quando la Francia rivoluzionaria - aggredita alle frontiere
dall'Europa delle monarchie e lacerata all'interno dalla lotta contro
chi voleva scendere a patti col nemico - capì che era giunto il
momento di vincere o perire, concentrò le proprie forze in un estremo
tentativo: fu l'organizzazione del Terrore, come strumento indispensabile
per la vittoria. Robespierre, dall'animo così mite ed umano, ebbe
un ruolo, un ruolo decisivo, nella messa in opera di un sistema
di repressione, che doveva far tremare i traditori e ridurli all'impotenza.
L'uomo che all'epoca della Costituente, quando la pace regnava ancora,
si era levato contro misure d'eccezione premature, che si era opposto
alle prime leggi contro il clero e gli emigrati, che aveva trattato
sprezzantemente anche i manifesti incendiari del Principe di Condé,
che si era dimostrato a più riprese un avversario deciso dell'accentramento
dei poteri e che aveva assunto con coraggio la difesa di tutte le
libertà, che aveva proposto invano l'abolizione della pena di morte,
fu trascinato a poco a poco dalle necessità ineluttabili della duplice
guerra - interna ed esterna - a dare la propria adesione e contributo
alla sola politica capace di salvare in quel momento la Repubblica
e la Francia.
Quando sul mondo si riversò la catastrofe del 1914, il governo
repubblicano proclamò lo stato d'assedio su tutto il territorio
francese, ponendo nelle mani dei consigli di guerra una giurisdizione
sovrana non soltanto sui militari, ma anche sui civili. Furono sospese
tutte le libertà… Basterebbe tenere a mente questa dittatura atroce
alla quale una Francia calma ed unita è stata sottoposta per cinque
lunghi anni [quelli della Prima Guerra Mondiale -ndr], per essere
più equanimi verso i terroristi del 1793, che si dimostrarono liberali
- oserei dire - in confronto ai nostri uomini di Stato di ieri e
di oggi: non hanno proclamato lo stato d'assedio generale e illimitato,
non hanno imposto la censura preventiva, non hanno mai consegnato
i civili ai tribunali militari, non hanno sciolto la tribuna della
Convenzione e nemmeno quella dei clubs".
Con queste parole di Mathiez e in queste poche righe, speriamo
di essere riusciti a rispondere alla domanda iniziale "Perché siamo
Robespierristi?".